Alla ricerca di una coscienza perduta
ADRIATICITÀ ED EUROSCETTICISMO
Dopo il letargo impostogli dalla guerra fredda, l'Adriatico torna ad assumere un ruolo di estremo interesse geopolitico
La caduta dei regimi comunisti e l'apertura dei mercati nell'Europa Orientale, ma anche il disfacimento della vecchia Jugoslavia e la guerra nei Balcani con la crisi nel Kosovo, fanno
di questo mare il crocevia di interessi politici ed economici spesso estranei a quelli reali delle sue genti.
Da quando la Cortina di Ferro le aveva bloccato
la via verso l'Est, l'Italia aveva visto il fulcro della propria vita economica spostarsi visibilmente verso le proprie regioni nord-occidentali e le aree
interne del Triveneto, lasciando a Venezia il ruolo di museo per un turismo sempre più di massa ed a Trieste quello di salotto dei ricordi per tranquilli
pensionati. Milano, Torino e, in séguito, pure una rampante provincia interna di Nord-Est hanno così potuto imporre al modo di vivere degli Italiani modelli
spesso estranei a quello propriamente nazionale, uniti ai dogmi di un globalismo fuorviante, calpestando secoli di storia e di cultura e con essi tutto
ciò che sapeva troppo di casareccio, nella convinzione di divenire così un vero paese europeo, in linea con quell'Occidente del quale si è tutt'al più
divenuti, con la tracotanza del portafoglio, mediocri e volgari portaborse.
La febbre d'Europa ha fatto progressivamente dimenticare secoli di storia che
videro le genti adriatiche testimoniare valori comuni capaci di fare di questo mare un punto di riferimento civile e culturale per il retroterra che ad esso guardava. Popoli di stirpe e lingua diverse avevano trovato in Venezia la garanzia delle loro libertà e del loro benessere, all'insegna della pacifica
convivenza.
Caduta la Serenissima, l'Austria, priva di una vera e propria tradizione marinara, vide unicamente nell'Adriatico lo sbocco naturale per i
proprî commerci, mentre, perduto quel ruolo di centro irradiatore che la Repubblica di San Marco gli aveva conferito, l'Adriatico vide così corrodersi la propria stessa essenza, sino a vedere
le proprie genti l'una contro l'altra armate.
Il secondo conflitto mondiale e la Guerra Fredda toglievano ulteriormente
ogni speranza per la rinascita dello spirito adriatico. Lungi dal ridestarlo, la caduta di muri e regimi all'Est ha visto i paesi da quelli riscattatisi
correre in preda al miraggio dell'Eldorado capitalista sotto l'ombrello di questa o quella potenza occidentale disposta a dispensare loro la gloria di
un mattino o a favorirli nelle beghe con i loro vicini. Slovenia e Croazia, entrate solo di recente da indipendenti nella famiglia adriatica, rischiano, forse per un'influenza pregnante di paesi come la Germania nelle loro scelte politico-economiche,
di continuare nell'errore un tempo commesso dall'Austria absburgica, considerando l'Adriatico come mero sbocco per le proprie esigenze di paesi fondamentalmente
interni per cultura e mentalità, altrettanto dimentichi che quell'errore fu tra quelli che la Duplice Monarchia
pagò con la propria stessa disintegrazione, mentre i suoi eredi potrebbero diventare gli strumenti ideali di un'azione estranea al contesto adriatico ed
alle sue ambizioni di rinascita e riaffermazione nel panorama internazionale. (G.L. Ugo)
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