Il futuro del Vecchio Continente
MA QUALE SUPERSTATO!
"L'Europa non è l'America"


Non è solo il titolo del libro di Massimo Teodori, pubblicato qualche anno fa da Mondadori, ed in cui l'autore pone Europa e Stati Uniti a confronto nell'attuale quadro geopolitico, ma è anche quanto peraltro è sortito dalle ultime elezioni europee, in cui l'elemento caratterizzante è, ancora una volta, l'avanzata strisciante dell'euroscetticismo, segno, si direbbe, di una passione europea che va progressivamente scemando tra i membri della prima ora e scarsamente presente tra molti dei nuovi arrivati.
  Anziché essere il coronamento di un sogno maturato l'indomani dell'ultimo conflitto mondiale, l'avvento dell'euro sembra aver portato con sé dubbî e limiti sinora non emersi o più o meno volutamente trascurati. Innanzitutto vi è il fattore geografico. L'Europa è un continente di un'estrema varietà, dall'estrema articolazione delle coste a quella dei rilievi, la cui disposizione determina sorte di veri e propri sottocontinenti all'interno dei quali si sono sviluppate le diverse aree culturali e nazionali, con diversa lingua, diversa cultura, diversa concezione della società. Fatto salvo un probabile discorso a parte per l'area iberica, tanto per citare un esempio, l'Europa occidentale, mediamente ad ovest di una linea che dal confine tedesco-polacco raggiunge le Alpi Occidentali e Marittime, presenta un tipo di economia in cui emergono prevalentemente le grandi sulle piccole imprese, mentre ad est della linea Oder-Neisse-Marittime troviamo un'Europa in cui, nonostante una notevole presenza industriale, alcuni retaggi ritenuti tipici delle civiltà rurali hanno tenuto maggiormente rispetto all'altra parte del continente. Di qui la prevalenza di piccole e medie imprese in Italia, con tendenza a modelli analoghi all'Est. Ciò è dovuto anzitutto al maggior peso che, specie in Italia, ha la famiglia, nonostante i più recenti allarmi sulla sua reale tenuta. Essa è il vero nucleo fondante del tessuto sociale, sinanche della nazione stessa, giacché, in ultima analisi, fonte della sua più profonda identità, tanto che, quando in Italia si parlava di Dio, Patria e Famiglia, in Germania v'erano "Ein Volk, ein Reich, ein Führer", un popolo, uno stato, un capo, dal quale, e non dal basso, far derivare l'identità dell'intero popolo tedesco. In Francia, sono tutt'oggi i fatti del 1789 a forgiare il pensiero dei suoi cittadini: tutto il resto pare venire dopo... Al contrario, così non si può dire di Italiani, Polacchi, Ungheresi, ecc., tradizionalmente meno avvezzi, a quanto pare, ad autoclonarsi sul modello di un teorema filosofico (vedi la Francia) o di questo o quel capo carismatico in carica.
  Eppure vi è chi sogna un'Europa alla stregua di uno stato federale simile agli Stati Uniti d'America, senza tenere conto che questi ultimi costituiscono sin dall'inizio uno stato federale con sovranità unica ed i cui stati federati non parlano lingue diverse né vengono per lo più da precedenti esperienze indipendenti, ciò che non può invece dirsi per i paesi europei, con una propria storia fatta di precise aspirazioni nazionali. Troppo spesso sentiamo poi parlare di Europa anziché dei paesi che vi si trovano, e ci chiediamo nel contempo quanto farebbe piacere a cinesi, coreani o giapponesi sentire parlare unicamente di Asia senza più sentir citare i nomi dei proprî rispettivi paesi...
L'insistere su una costituzione europea suona per molti come un voler reprimere in maniera perentoria ogni tendenza centrifuga anziché prendere atto che paesi come gli USA e l'Australia sono nati da realtà excoloniali, ove stati federati ed altre unità amministrative sono nate a tavolino, con i confini tracciati per lo più lungo paralleli e meridiani, e dove spesso non v'è anima viva per miglia e miglia.
Quanto all'Italia, nello specifico, l'Europa cui lo Stivale ha motivo di guardare è fuor di dubbio quella dell'est, da sempre suo retroterra naturale di relazioni e scambî. Alle spalle c'e la Broccolandia, l'Europa di Bruxelles, quella delle quote latte e delle 400 mila mucche fatte abbattere nella Penisola, quella che continua ad infarcirsi di unilluminismo ormai superato dalla storia e che in ragione di una presunzione maniacale di omniscienza pretende di insegnare agli Italiani come si fanno pizza e pasta, e che fa di tanto in tanto rizzare le antenne agli agricoltori del Bel Paese.
Se poi estendiamo all'Italia o all'intera Europa sud-orientale ciò che Papa Pio XII diceva riferendosi alla Chiesa cattolica ed alla Santa Sede ci rendiamo conto di quanto bene diceva quando affermava che i guai sarebbero iniziati in caso di succubanza ad "una nuova Europa di politici e diplomatici, una Europa centrata su Brusselles e Parigi", divenute per altro ormai decentrate nel nuovo panorama euromediterraneo, più che unicamente europeo, ed il cui centro avrebbe maggior ragione di collocarsi, per esempio, in qualche città dell'area alto-adriatica, da sempre all'incontro tra lingue, culture e persino religioni diverse.   Quel che per ora conta e che la pretesa di un superstato europeo pensando di farne una sorta di Nord-America ad est dell’Atlantico è del tutto fuori luogo. Tutt'al più si potrebbe pensare all'Europa come ad un consorzio di nazioni libere e sovrane in cui l'apertura delle frontiere ed altri passi del genere non devono far pensare ad una sottintesa volontà di rinuncia alla sovranità da parte dei singoli paesi. Quest'è una cosa che sembrano volere solo gli Italiani, salvo rimetterci puntualmente come al solito. (G.L. Ugo)


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