ITALIA: IL DILEMMA DI UNA CLASSE POLITICA


  Mentre i paesi maggiormente in vista possono vantare una classe politica a livelli adeguati alle loro aspirazioni sulla scena mondiale, supinità e basso profilo fanno dei vertici istituzionali italiani del Secondo Dopoguerra una realtà avulsa e distante da un elettorato testimone, al contrario, di valori che sono il retaggio di secoli di grande storia.
  Ma mentre la massa si limita a dire il peggio che si può dell'Italia, boriosa di chissà quale benevolenza da oltr'Alpe, quanto sopra ha forse una spiegazione tanto semplice quanto puntualmente ignorata dai mostri sacri dell'informazione.
Occorre avere innanzitutto bene in mente che la migliore espressione del carattere italiano è l'individualità e in tutto ciò che ad essa si collega, non ultima la famiglia. Questa è ancora, nonostante la crisi di inizio Terzo Millennio, il nucleo su cui si fonda il grosso della società italiana, anche nell'attività economica, che vede la piccola e media impresa, emanazione più o meno diretta della cultura familiare, fattore trainante dell'economia del paese. Ed è quindi nella sfera affettiva e nel lavoro autonomo che sembra esprimersi al meglio l'italiano sia come individuo che come membro della collettività.
La sua è un'attività che lo impegna a tempo pieno e che, il più delle volte, lo soddisfa e lo motiva a fare meglio. Non sempre v'è perciò il tempo per dedicarsi alla politica, cosicché chi si dà a quest'ultima, quando non è un docente, un libero professionista o un imprenditore in grado di dare in gestione il proprio esercizio, spesso proviene dagli ambienti dell'impiego pubblico o macroaziendale, ricettacolo (per fortuna non sempre) di personaggi scarsamente creativi, in cerca di una facile carriera a compenso, magari, di qualche loro frustrazione. Ed eccoteli a Palazzo, con quanto possiamo attenderci dal loro operato.
Negli altri paesi, al contrario, in cui meno pregnante è il ruolo dell'individuo o della famiglia e di quanto da essa può realizzarsi in termini di attività economica, sono le grandi realtà, pubbliche o private a fare da richiamo alle menti migliori, con conseguente probabilità maggiore che in Italia di trovarle ai vertici della politica o della macroimpresa, non essendo colà trattenute da quella sorta di setaccio naturale che in Italia è costituito dalla scelta del lavoro autonomo in sede familiare o piccolo-medio-imprenditoriale, e che lascia spesso alla politica e dintorni gli elementi meno brillanti.
  Certo si tratta di una risposta quanto mai inconsueta, se messa a confronto con le quotidiane elucubrazioni di stampa e TV; ma vale la pena rifletterci, onde meglio comprendere che, sotto un certo aspetto, si è trattato di una sorta di inconsapevole omessa vigilanza da parte della classe produttiva, dalla cui parte vorremmo una maggiore visibilità anche politica capace di controbilanciare con il giusto peso lo strapotere dei grandi apparati privati e pubblici, così poco rappresentativi dell'Italia migliore.  (G.L. Ugo)


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