MA CHE SAREBBE L'ITALIA SENZA I DIALETTI?
Quella dei dialetti può definirsi una falsa questione, giacché basta dare una scorsa alla storia della letteratura italiana per renderci conto dell'esistenza, a partire dal Sei-Settecento, di una notevole mole di letteratura dialettale. Chi non conosce Goldoni e la Commedia dell'Arte veneziana? E non c'è solo quella. Vi è un'interessante fiorire di letteratura locale siciliana, come pure napoletana, per giungere poi all'Ottocento, con Carlo Porta a Milano o Gioacchino Belli a Roma, tanto per fare due nomi. Il Novecento ci porta poi a Trieste con virgilio giotti o Ricciotti Stringer, ed ancora a Roma con trilussa.
Per non parlare poi della canzone; quella napoletana la conosce tutto il mondo, ma c'è dell'ottimo repertorio in dialetto locale anche in altre regioni. E chi non conosce poi i canti degli Alpini? Spesso e volentieri in dialetto, le loro strofe sono entrate nonostante tutto nel cuore degli Italiani di ogni regione certamente più del "pentapartito" o delle "convergenze parallele"!
Va da sé che pensare ad insegnare un dialetto con lo stesso metodo con cui si insegna una lingua straniera è quantomai fuori luogo, giacché si tratta di un qualche cosa che già ci appartiene e che ha bisogno di rientrare in nostro possesso attraverso una più approfondita conoscenza del panorama culturale locale. Il limite della Lega è quello di dire cose giuste nel modo sbagliato, nella fattispecie sollevando la questione dei dialetti come un qualcosa da rinfacciare ai soliti romani o dintorni, come se non sapessimo che il grosso dei leghisti viene da quella provincia submilanese agiata e rampante dove il povero dialetto lombardo i giovani nemmeno lo sanno e dove gli "ing" e gli "ation" non si lesinano nella speranza di apparire moderni imitando il potente di turno, il che è tutto dire.
E allora, per salvarsi la faccia, non c'è miglior cosa di uhn bel polverone per spaventare alleati ed opposizione sulla difesa di un patrimonio che, ricordiamolo a bossi e compagni, appartiene a tutta la Nazione e del quale è nostro diritto e dovere rientrare in pieno possesso. (G.L. Ugo)
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