Tra farsa e paradosso
QUANTO FU REALE LA GUERRA FREDDA?


  Caduto il comunismo nell'Europa dell'Est, si credette rimosso ogni ostacolo verso il riscatto di quei paesi. La Guerra Fredda aveva fatto ingenuamente credere ai più che il pericolo rosso fosse il solo o quasi. In realtà, le frustrazioni subite, unite al sogno di un rapido allineamento con gli altri paesi liberi hanno impedito di acquisire consapevolezza che, dopo l'appiattimento culturale operato dai vecchî regimi comunisti, vi era ora il pericolo di una nuova omologazione questa volta da parte dell'occidente e dei suoi miti.
  Blue-jeans, discoteca, la corsa a facili guadagni, stanno facendo smarrire a quelle genti la giusta via del riscatto, ossia quella che dovrebbe ricondurli a riacquisire la propria identità culturale, debilitata prima ed ora in pericolo di soccombere dinanzi ad una colonizzazione selvaggia da parte del mondo consumista.
  Le grandi ideologie che, dall'illuminismo al marxismo, hanno teso a coagulare attorno a sé realtà culturali talvolta molto diverse influendo fortemente sulla storia di questi ultimi secoli, non sono nate nel mondo slavo, e ciò malgrado il comunismo, con in sé il materialismo dei lumi e quello di Marx ed Engels, si fosse sviluppato in Russia, per imporsi poi anche negli altri paesi dell'Est. L'illuminismo nacque in Francia, mentre Marx ed Engels, fondatori del partito comunista, erano tedeschi esuli a Londra.
  Per l'Occidente la paura del comunismo ha di fatto, durante la Guerra Fredda, un significato prevalentemente strategico-militare; per il resto, non ostante l'incessante propaganda rossa contro il mondo capitalista,ad Ovest si è ben presto consapevoli che lo scarso dinamismo e la lentezza nella crescita economica e tecnologica dei paesi socialisti, per la natura stessa dei loro regimi, avrebbe di tanto in tanto costretto questi ultimi a bussare alla porta del nemico. Se poi si considera lo sviluppo che paesi come la Cecoslovacchia avevano intrappreso già prima dell'ultimo conflitto mondiale, è facile capire come l'avvento del comunismo togliesse di mezzo dei pericolosi concorrenti potenziali, scongiurando nel contempo il riapparire di una qualche nuova realtà nell'Europa centromediterranea a contrastare il monopolio occidentale nell'Europa libera. Eppure, tanto per citare un esempio, i primi ad esplorare il cosmo non furono gli Americani, bensì, non ostante tutto, i Sovietici. Jurij Gagarin è nella memoria di tutti... Dunque non si trattava di paesi arretrati, ma con una storia, una cultura ed indubbie potenzialità, frenate soltanto da un sistema economico e politico, assente il quale ci si chiede cosa ne sarebbe stato del monopolio che ha invece fatto le fortune dell'America e dei suoi alleati.
  La contestazione giovanile degli anni Sessanta contro la guerra del Vietnam, fu tra i maggiori esempî di quanto si è già detto. Allo strombazzare della propaganda comunista contro l'egemonia americana nel Sud-Est Asiatico nessuno fece séguito scendendo in piazza con sulla bocca le note di qualche motivo russo, ma, al contrario, chitarra e blue-jeans coronavano tra i giovani di tutto il mondo, in nome della pace e contro l'imperialismo di Washington, il mito di Bob Dylan e dei Beatles. Forse mai come allora si è assistito ad una massiccia colonizzazione delle giovani generazioni da parte della cultura anglo-americana.
  Parlare dunque di totale antagonismo tra Est ed Ovest può oggi apparire fuori luogo, visti i risultati concreti. Nell'URSS e nei paesi satelliti il francese e l'inglese erano lingue regolarmente studiate, mentre così non era per la lingua russa in quelli occidentali.
  Si può tranquillamente affermare che, tolti gli affari militari e di spionaggio, i regimi comunisti, nell'appiattire le culture soggette al loro giogo, hanno in realtà fatto il gioco dell'aversario, permettendo, una volta caduti, una più immediata penetrazione consumista ed offrendo ai paesi capitalisti una possibilità di azione ben maggiore di quanto sarebbe stato loro possibile se a fare da filtro vi fossero state una forte economia ed una fiorente attività culturale, che ora rischia di tracollare del tutto sull'onda di un modernismo selvaggio.
  La febbre di Occidente rischia di fare del blocco ex-orientale del Vecchio Continente una realtà fortemente denaturata o, come accadde l'indomani della prima guerra mondiale, i portaborse di questa o di quella potenza occidentale da contrapporsi ad eventuali terzi incomodi. È il caso dell'Italia, cui il secondo conflitto mondiale e la nascita dei blocchi avevano ulteriormente impedito che tra essa ed i paesi ad Est venisse affermandosi il sentimento di appartenenza ad un comune grande bacino centromediterraneo-danubiano, che il nuovo corso storico vuole invece ago della bilancia all'incontro tra il Mediterraneo occidentale e quello Orientale, tra Nord-Europa e Nord-Africa.
Essa si trova dunque nella situazione in cui dover operare affinché quanto può diventare per essa un naturale retroterra di scambi economici e culturali, facilmente individuabile anche in termini geografici, non divenga, al contrario, l'altra ganascia di una morsa pronta a strangolarla ancora una volta, vanificandone gli sforzi per uscire da un'attanagliante crisi economica e soprattutto esistenziale.  (G.L. Ugo)


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