L'olocausto che vuole chiarezza
PERCHÉ NON RIACCADA
Dopo un settantennio o quasi anche per gli Ebrei il dovere di interrogarsi


  Com’è ben noto, la Diaspora indusse gli Ebrei a ad un processo di rapida integrazione nell’ambito delle realtà ospitanti sino a divenirne addirittura specchio, nonché, in molti casi, spina dorsale culturale ed economica.
  Un esempio per tutti è quello della Germania, la cui storia relativamente più recente vede gli Ebrei tra i protagonisti incontrastati della letteratura (Thomas Mann, Bertold Brecht, ecc.), della filosofia, (Kant, Marx e non solo) e della scienza con uomini come Einstein.
  La concezione per natura prevalentemente verticalista della società tedesca e dell’Europa occidentale in genere induceva ben presto gli Ebrei ivi giunti ad adattarvisi con estrema rapidità cercando, attraverso un notevole acculturamento o un’attività economica di rilievo, di accaparrarsi una congrua fetta di potere quale unica via per integrarsi realmente e scongiurare così l’emarginazione.
  Avvenne così che, tra fine Settecento e inizio Ottocento, agli albori della rivoluzione industriale, i Rotschield, ebrei dal chiaro cognome tedesco emigrati nel Regno Unito, così come i bavaresi Goldmann e Sachs che emigrarono invece negli Stati Uniti, diedero il proprio contributo al nascere dell’alta finanza come oggi essa è concepita, mentre si gettavano le basi dei moderni processi di globalizzazione economica.
  Gli Ebreidi ceppo germanico, noti anche come aschenaziti, divenivano in tal modo il principale motore economico dell’Europa postnapoleonica. Fulcro di questo nuovo sviluppo era, sul continente, la Confederazione Germanica, con centro Francoforte, e di cui l’Austria fungeva da avamposto in Adriatico. Il porto di Trieste, centro nevralgico dei traffici commerciali su quel litorale, divenne ben presto feudo incontrastato di una ristretta oligarchia economica in gran parte ebraica che tutt’oggi rimane incontrastata testimone del più austero verticalismo postasburgico.
  Ma gli Ebrei non sono tutti uguali. All’Est, fu più la cultura che il potere finanziario a renderli visibili. Legati spesso al filone sefardita, oltre che a quello aschenazita, gli Ebrei di polonia, Lituania, Russia, e così via, condividono diversi aspetti del carattere con quelli dell’area mediterranea, dediti in gran parte al commercio ed all’artigianato, ma anche alla cultura.
  La visione più orizzontale dei rapporti interpersonali, tipica delle civiltà mediterranee più evolute, ha permesso anche ai cittadini israeliti di affrontare con maggiore serenità il proprio cammino di integrazione, meno assillati dall’urgenza del potere quale via di sopravvivenza. E’ il caso dell’Italia, ove, proprio per questo, il movimento sionista ebbe un minor séguito che altrove. Lo stesso Mussolini dichiarò la propria gratitudine agli Ebrei d’Italia, per la loro fattiva dedizione alla Patria nei momenti più difficili; né può sfuggire che il più importante organo di stampa interno del partito fascista, “Gerarchia”, ebbe a lungo quale direttrice responsabile l’ebrea Margherita Sarfatti.
  I primi veri torbidi tra Ebrei e fascismo potrebbero risalire a quando, a metà circa degli anni ’30, alcune migliaia tra artisti ed intellettuali Israeliti tedeschi trovarono rifugio nel “Bel Paese” per sottrarsi alla situazione difficile seguita all’ascesa di Hitler, grande ammiratore del Duce, ma che il duce sembrava allora non stimare gran che, temendone piuttosto qualche colpo di testa di troppo.
  Invece di mettersi un po’ calmi, i graditi ospiti avrebbero intessuto rapporti piuttosto intensi con l’antifascismo italiano, irrigidendo in tal modo il regime che in vero sembrava mostrare particolare allergia al connubio tra le idee egualitariste della sinistra e la frequente agiatezza economica di coloro che se ne facevano portavoce, tra cui molti Ebrei. In Germania essi vi detenevano ilgrosso del potere economico, tanto che l’impatto negativo con il mondo ebraico era un problema principalmente tedesco, frutto di quella rigidità teutonica che gli Ebrei tedeschi avevano con estrema perizia fatta propria imponendola persino ai propri maestri e connazionali da generazioni, portando così sempre più al posto loro il nome, la potenza e la cultura della Germania nel mondo. L’ULTERIORE affermarsi, nel Secondo Dopoguerra, dell’alta finanza quale settore portante dell’economia mondiale, ripropone, tra consenso ed ostilità, il ruolo degli Ebrei, soprattutto askenaziti, nei così detti “poteri forti”, in seno ai quali, quand’anche in un contesto prevalentemente anglosassone, non è difficile individuare, anzi preponderano, nomi dalle chiare origini europee continentali, soprattutto germaniche. Sono i vari “-berg”, “-mann”, “-stein”, ecc., eredi di una mentalità ristretta nel dialogo con popoli e nazioni. Gran Bretagna prima e Stati Uniti poi, trovarono in tali poteri minoritari la propria stessaforza, ma con essa l’ostilità di una parte dell’opinione pubblica propria e mondiale che però non trova il giusto modo di esigere, senza essere malintesa, un minimo esame di coscienza in seno al mondo ebraico, prima che la protervia di pochi loro plutocrati voti ad un nuovo sterminio milioni di fratelli innocenti. E il silenzio continua anche dopo l’11 settembre 2001, mentre proprio i fatti di New York e Washington sono un severo invito a voltare pagina e uscire dai condizionamenti postbellici. Trincerati dietro al proprio passato, gli Ebrei devono invece interrogarsi seriamente se mai le loro disavventure dipesero anche da loro stessi. L’importante è che ad aiutarli vi sia un’opinione pubblica scevra da pregiudiziali e desiderosa del loro bene affinché altro loro sangue innocente non abbia mai più a scorrere. Sarà il miglior modo per onorare il Giorno della Memoria, trasformando quest’ultimo in un’occasione preziosa per fare davvero chiarezza su uno dei fatti più tristi diTUTTI I TEMPI. (G.L. Ugo)


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