PIANO CON L'INGLESE!
Necessario emendare la riforma Gelmini in materia di lingue straniere
"Più inglese e competenze tecnologiche" è quanto si auspicava in occasione della riforma Gelmini quali requisiti prioritarî nei futuri insegnanti della scuola italiana. ad essere onesti, sarebbe stato preferibile sentir parlare di "Più italiano e competenza didattica", cosa che sembra volersi sacrificare sull'altare di una malintesa modernizzazione della scuola italiana. Così va il mondo, suo malgrado. Vero è tuttavia che l'apprezzamento per numerosi aspetti della riforma scolastica voluta da Maria Stella Gelmini, all'epoca Ministro italiano dell'Istruzione, non esime infatti dallo stigmatizzare il chiaro assudditamento culturale in favore di una progressiva anglicizzazione del pensare collettivo profuso in seno alle giovani generazioni attraverso una posizione di ostentato privilegio voluta per l'inglese all'interno del programma didattico varato all'epoca. Si sottolinea per altro come un tale palese assoggettamento può essere gravido di pericoli per il futuro della stessa identità nazionale d'Italia, giacché indurrebbe gradualmente i giovani ad abbandonarne i valori peculiari e ad abbracciare quale strumento ottimale di dialogo interculturale quelli di una "tecnoideologia" di stampo segnatamente basso anglosassone, fonte sin d'ora di rampante spavalderia e prevaricazione culturale tipica di chi si sente dalla parte del più forte e di cui le aree submetropolitane mediamente agiate sono pericolosoricettacolo, complice, tra gli altri, il progressivo venir meno del colore italiano in gran parte dell'informazione di massa, ad iniziare dalla pubblicità di prodotti nostrani con sottofondo puntualmente alloglotto.
Parimenti preoccupante è la penalizzazione subita dalla lingua di Dante in numerosi atenei italiani a vantaggio dell'inglese che diventa la sola lingua in diversi corsi o, in caso di possibile scelta tra italiano e inglese, la scelta di quest'ultima lingua da luogo ad una serie di agevolazioni in materia di tasse universitarie sinanche all'affrancamento da esse.
Urge perciò, secondo molti, un preciso segnale da far pervenire ai ministri competenti atto a dar luogo ad una serie di emendamenti al testo normativo scolastico in cui il riferimento esplicito all'inglese venga sostituito con l'altrettanto realistico ma più flessibile richiamo ad un maggior spazio allo studio delle lingue straniere con particolare riferimento a quella (o quelle) di maggior pregnanza nello scenario mondiale corrente o in un particolare settore di studio.
Spetterebbe dunque non alla legge base ma ad un apposito decreto attuativo riconoscere di volta in volta nella fattispecie la lingua da riconoscersi nel ruolo di cui sopra. E se nel contesto attuale l'enunciato non lascia dubbio alcuno sul ruolo dell'inglese, esso deve in egual modo contemplare per il futuro la legittima facoltà di preventivare, liberi da scelte preconcette, possibili mutamenti del quadro internazionale eventualmente meno favorevoli alla parlata –ci sia lecito definire – di "Sua Maestà Informatica" e di valutare conseguentemente in avvenire priorità diverse da quella attuale nel pianificare lo studio delle lingue straniere nelle scuole e nelle università italiane. (G.L. Ugo)
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