Riforma istituzionale
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Il tentativo portoghese


  Mentre era in corso qualche anno fa il dibattito sulle riforme istituzionali, non mancò chi volle interrogarsi sull'eventualità, sebbene remota, di una revisione dell'assetto istituzionale dell'Italia anche in termini di un possibile ritorno alla monarchia, qualora se ne fossero presentati i presupposti e l'opportunità.
  Il parziale disgelo tra istituzioni repubblicane e memoria monarchica, che ha visto la fine dell'esilio per gli eredi maschî di Casa Savoia, non cancella per questo l'aura più o meno celatamente antimonarchica che ha guidato la schiera più cospicua dei padri della Repubblica, e che è quanto mai presente nell'articolo 139, l'ultimo, della nostra carta costituzionale, il quale recita: "La forma repubblicana non può essere oggetto di revisionecostituzionale.", ammenoché, è bene precisare, non si voglia preventivamente modificare o abolire l'articolo stesso.
  È quanto si prospettava in termini reali in Portogallo, dove un analogo articolo della costituzione repubblicana (il 288B) enuncia che "la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale ", e dove l’8 maggio 2004 Antonio Sousa-Cardoso, Presidente del movimento monarchico "Causa Real", aveva presentato al Parlamento una petizione perché il testo in questione venisse sostituito con "la forma democratica dello Stato non può essere..."
  Dalla caduta della Monarchia in Portogallo, il 5 ottobre 1910, questa era la prima possibilità legittima che si presentava ai Portoghesi per aprire la strada ad un referendum istituzionale, mai concesso sino ad allora dai governi repubblicani. Aveva infatti dichiarato Cardoso: "In una Costituzione democratica imporre una speciale forma di regime è una violenza al diritto di libera scelta dei portoghesi che squalifica e riduce la democrazia del Paese ".
  La vicenda venne seguita con grande attenzione da Dom Duarte di Braganza, Capo della Casa Reale, accolto ovunque calorosamente da autorità e popolazione nelle sue frequenti visite con la famiglia attraverso il Paese. Favorevole il parlamento lusitano, cui si era aggiunto l’avvallo del Patriarca di Lisbona, secondo il quale "la libera scelta del popolo portoghese dovrà essere accettata democraticamente: vox populi, vox Dei ".
  La notizia destò qualche interrogativo sull'effetto di possibili analoghi sviluppi anche in Italia, dove ogni articolo della Carta Costituzionale, non escluso l'ultimo, può essere emendato nei modi e termini dettati dall’art. 138 della Carta stessa. Rimandando poi ad altra sede ogni considerazione sulla legittimità del referendum del 1946, cui per altro non parteciparono, perché sottoposti ad occupazione straniera, i cittadini della Venezia Giulia, a presunta maggioranza filomonarchica, possiamo riconoscere nel suddetto articolo 139 i timori di chi, ostentando sicurezza di sé, spesso in realtà nasconde qualche scheletro nell'armadio e, appropriatosi di termini quali "libertà" e "democrazia" ha pervaso di uno spesso malcelato massimalismo ideologico un cinquantennio e più di storia italiana. Per il resto sarà il tempo a porre i termini per un eventuale, qualora opportuno, riassetto istituzionale dell'Italia, sempre che l'ombra ostinata del pregiudizio non chiuda ancora una volta e in modo ancor più inequivocabile ad esso le porte della storia. (G.L. Ugo)


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