Centro e periferie a confronto
LO STRAPOTERE DEI TRAMITE
Fu comunale l'Italia più autentica
Sin dalmedioevo, la società italiana viene formandosi secondo due distinti filoni. Ove più si andava affermando lo spirito dei liberi comuni, venne facendosi
strada tra i cittadini la consapevolezza di essere essi i reali detentori dell'essenza del potere stesso, di cui gli uomini d'apparato erano semplici amministratori.
È quanto andò formandosi prevalentemente nell'Italia Centrale, ove città come Arezzo, Assisi, Gubbio ed altre divennero presto testimoni di avanzato sviluppo
economico e culturale. Nelle città marinare l'attività mercantile ed il crescente rapporto con civiltà e popoli diversi permise, piu rapidamente che altrove,
il formarsi di un vero e proprio ceto medio autoctono o, se di altra origine, capace di integrarsi nell'arco di qualche generazione e di influire in modo
determinante sugli altri ceti, conferendo in tal modo all'intero vivere civile una dimensione più aperta ed equilibrata.
Diversa è invece la situazione
nelle aree più periferiche della penisola, in cui l'eredità feudale vede consolidarsi una concezione prevalentemente verticale della società, mentre l'essenza
del potere politico tende ad incarnarsi nella persona del singolo, anche laddove, come nelle città padane ed a Firenze, l'esperienza comunale fu a lungo
turbata da continue lotte intestine che sfociarono ben presto nella nascita delle signorie.
Accade così che, nei secoli a seguire, al Nord come al Sud, la figura del politico rimane fatalisticamente
una sorta di intoccabile dinanzi al quale, tra servilismo ed ostilità, il cittadino si sente impotente, convinto che soltanto creandosi una propria sfera
di potere egli sarà in grado di superare questa sua situazione e crearsi un proprio spazio nella società civile. Di qui il proliferare abnorme in queste aree di realtà associative intermedie progressivamente frappostesi tra la base ed i suoi rappresentanti, divenendo quindi un passaggio sempre più obbligato nei rapporti tra cittadinanza ed apparato burocratico, sin quasi ad identificarsi con esso, senza contare poi i casi in cui associazioni, organismi paraistituzionali e quant'altri, finiscono con l'identificarsi in colui o colei che se ne fa portavoce
e finisce per concentrare su di sé e sulla propria immagine l'attenzione di un'opinione pubblica in cerca di miti o di protettori.
Paradossalmente, più che di presenza eccessiva dello Stato, in questo caso si tratterebbe di Istituzioni scarsamente presenti, lontane da un cittadino demotivato e poco intento
a seguire la vita politica se non alla TV, salvo poi protestare contro i sottopoteri della burocrazia, ma pronto a delegare ad essi ciò che altrimenti lo distoglierebbe dalla vita in pantofole e e telecomando.
Al contrario, L'esperienza dell'arengo ha trasmesso al cittadino del Centro Italia un'eredità
fatta di rapporti più diretti coi pubblici poteri, motivandolo a seguirne l'operato mediante uno stretto e costante contatto con chi lo rappresenta, il
quale, lungi dal vivere la propria esperienza politica come un semplice fatto di immagine, sente su di sè il peso e l'importanza del proprio mandato, pena l'immediata impopolarità. E se qualcuno potrebbe stigmatizzare la scarsa presenza di politici di queste aree nelle cariche esecutive nazionali, vero è
altrettanto che si tratta di contesti in cui la centralità dei cittadini, unita al loro secolare senso della comunità che non vuol essere intruppamento ma simbiosi tra liberi individui, è di per sé presenza e testimonianza autentica di valori civili, cornice nei secoli per gran parte di quella cultura che tutt'oggi il mondo ci invidia. (G.L. Ugo)
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