Bruxelles troppo a ovest, Francoforte troppo a nord
TRIESTE CAPITALE
Tra sogno e prospettiva
Poteva fare anche sorridere quanto un gruppo di attivisti triestini aveva paventato alla vigilia delle scorse elezioni europee a favore di un trasferimento a Trieste degli organi centrali dell'U.E.. Naturalmente, in un contesto di rassegnazione e di scarse aspettative come quello giuliano, l'idea non poteva che suonare come un qualcosa tra il sogno e la fantasticheria.
Tuttavia, la proposta, che aveva certo dell'originale, non poteva, né può, tutt'oggi esulare dal suscitare un'attenta riflessione per la visione di fatto reale che vi si scorge del nuovo panorama geopolitico dell'Europa, in cui la città di Trieste e l'Adriatico in genere non possono più rimanere un mero luogo di vacanza.
Città a vocazione emporiale già in epoca romana, Trieste conferma detto suo ruolo anche nel medioevo, per divenire poi, a partire dal 1382, il porto principale dell'Austria, che la erige a porto franco con l'apposita "Patente" del 1719 e ne avvia definitivamente la crescita come grande città oltre che come struttura portuale.
L'indomani del Primo Conflitto Mondiale e la conseguente dissoluzione dell'Impero Austro-ungarico vedono il passaggio della città al Regno d'Italia, un fatto che, se da un canto risponde al richiamo sentimentale specie tra gli strati più acculturati della società cittadina, dall'altro vede la separazione forzosa della città da quel vasto entroterra medio-danubiano del quale essa fungeva da primo porto naturale. Tuttavia v'era in quell'epoca chi anche in Italia era consapevole di ciò, nonché del fatto che la stessa avrebbe avuto migliori opportunità di crescita guardando proprio a quel retroterra verso il quale Trieste poteva essere la via naturale per ricompattare in qualche modo lo spazio comune medio-danubiano, dando così modo a Roma stessa di intraprendere una politica atta ad affrancarla dall'assillo egemonico europeo occidentale.
Purtroppo però il tutto sfumava prima con l'annessione dell'Austria alla Germania nel marzo del 1938 e poi con il II Conflitto mondiale, alla fine del quale Trieste si vide oggetto di contesa tra Italia e Jugoslavia e, una volta tornata all'Italia, essa non era più in grado di svolgere per sé e per l'intera Nazione quel ruolo di porta verso il Danubio, ruolo che era stato la sua secolare fortuna. Trovatasi a ridosso del confine non solo tra due paesi, bensì tra due sistemi politico-economici (quantunque la Jugoslavia di Tito si fosse nel frattempo chiamata fuori dall'orbita sovietica), Trieste finiva per testimoniare ed amplificare in sé il disagio di un'Italia costretta dagli eventi a schierarsi nell'orbita atlantica ed a relegare nel contempo la città di San Giusto al ruolo umiliante di un porto di periferia, ora che Jalta e la Guerra Fredda le avevano chiuso la via al bacino danubiano ed all'Europa orientale in genere.
Gli sforzi di Trieste per riuscire a competere con gli altri porti del Mediterraneo, sono tra i disagi che emergono dietro al pur fortunato sviluppo turistico, soprattutto balneare, del bacino adriatico. A ciò è giunto il momento di rispondere ponendo l’attenzione dei cittadini e delle istituzioni verso il ruolo di Trieste quale porta tra il Mediterraneo e il Continente nonché tra l’Est e l’Ovest di quest’ultimo, ed operare per un suo adeguato potenziamento, e dare in tal modo ulteriore credibilità ad una formale presa di posizione presso gli organi competenti affinché la città di San Giusto, che già ospita il Segretariato generale dell’Iniziativa Centroeuropea, possa divenire il futuro centro di quell’Europa che guarda sempre più ad est ed al Mediterraneo, ed in cui realtà quali Bruxelles, Strasburgo o Francoforte, troppo occidentali e troppo nordiche, non sono più rappresentative del nuovo assetto geopolitico venutosi a creare dopo la caduta del Muro di Berlino, ma sono semmai testimoni del globalismo tracotante delle civiltà submetropolitane figlie di un occidente testimone di ricchezza economica, quanto prodigo di malessere collettivo e di povertà esistenziale. (G.L. Ugo)
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