POLITECNICO: SOSPESA LA SENTENZA ANTI-INGLESE
Il giorno 27 agosto scorso si è avuta l'udienza per ottenere la sospensiva della sentenza che, lo scorso mese di maggio bloccava il provvedimento votato dal Senato Accademico del Politecnico di Milano di sostituire l'italiano con l'inglese quale lingua di laurea a partire dall'anno accademico 2014-2015, provvedimento cui s'era opposta una nutrita schiera di docenti con a capo l'Avv. Maria Agostina Cabiddu, lei stessa docente al Politecnico, e che riusciva a spuntarla lo scorso maggio ottenendo il ritiro del provvedimento. A seguito però del ricorso al Consiglio di Stato da parte del rettore , Giovanni Azzone, spalleggiato dal Ministro dell'Istruzione, Carrozza, lo scorso 27 agosto è stata accordata la sospensiva del provvedimento "salva italiano", sospensiva del resto facilmente immaginabile, visti i ricorrenti. Tuttavia, l'auspicio della Drs. Cabiddu, regolarmente presente al dibattimento del 27 agosto, è che la decisione di sospendere temporaneamente la sentenza "pro-italiano" possa servire a stemperare, almeno in parte, la "boria anglofila" del prof. Azzone e dei suoi sostenitori, nella speranza di fare opera di convinzione e di ricondurre un po' tutti a più miti ed italici consigli alla seduta di merito prevista per il 27 marzo dell'anno venturo, nella quale sede verrà emessa la sentenza definitiva sul caso.
Ma quello del Politecnico di Milano non è che il caso più clamoroso, giacché è da qualche anno che diversi istituti universitarî d'Italia hanno avviato corsi tutti in inglese, e quand'è possibile optare tra italiano e inglese, chi sceglie la prima paga le tasse universitarie, mentre chi sceglie la seconda ne viene esonerato o fortemente agevolato, mentre a giustificazione del tutto vi sono propositi di maggiore competitività od altri soliti temi in ossequio
alla globalizzazione od alla crescente presenza di studenti stranieri i quali vengono a frequentare i corsi in Italia, quasi che costoro abbiano ad appartarsi in una sorta di "ghetto d'eccellenza" senza mai entrare in contatto con l'ambiente circostante (che
non è certamente anglofono). Ciò è comprensibile se si tratta di soggiorni brevi (un paio di mesi o giù di lì), ma se parliamo di anni accademici, il discorso
cambia e, come per gli immigrati alloglotti che giungono in Italia per lavorare, così pure è opportuno esigere una sana integrazione (anche in termini di lingua) con l'ambiente circostante
anche da parte di chi vi giunge per motivi di studio. Del resto ovunque ci si rechi a studiare all'estero per un periodo prolungato sono le stesse università
ad instradare gli studenti stranieri verso un allineamento con il corso in lingua nazionale, la cui conoscenza costituisce sicuramente parte del valore aggiunto per chi si reca a studiare in un altro paese. Non si capisce (o lo si capisce fin troppo bene) perché ci devono essere i soliti pessimi italiani pronti a svendersi illusi di apparire con ciò più credibili dinanzi alla potenza egemone di turno.
Vero è che simili scielte rischiano di ridurre quella di Dante a lingua di secondo rango intaccandone alle fondamenta il patrimonio culturale, sociale ed economico,
mandando al macero l'opera di generazioni di artisti, uomini di scienza e di pensiero. Verrebbero quasi certamente meno i tanti che nel mondo studiano l’italiano non solo
per avvicinarsi al suo grande patrimonio di cultura tanto umanistica quanto scientifica. Se si aggiunge poi la scarsa sensibilità culturale che serpeggia pericolosamente tra molti giovani, è facile concludere come vi sia il serio rischio per gli Italiani di vedersi tra breve da costoro travolti assieme alle proprie tradizioni per vivere come
esuli in Patria.
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